Salve a tutti, ieri notte ho visto su Netflix questo “Cam” di Daniel Goldhaber; IMBD lo identifica come un horror/thriller… ma se questo film ha qualcosa di horror, io sono un T-800 inviato dal futuro per trovare colui che si occupa di definire il genere dei film sul noto sito di cinema e porvi rimedio. Del resto io e Swarzy abbiamo più o meno lo stesso fisico, infatti io sono grosso più o meno quanto un suo polpaccio.
A dire il vero però questo lavoro tratta una delle paure più grandi di noi internauti, ovvero la possibilità che qualcuno possa rubarci l’account di un social magari e spacciarsi per noi. A me è successo, e non vi racconto una balla tanto per fare il simpatico in questa recensione. Un anno fa mi avevano hackerato l’account di Instagram e mi sono ritrovato il mio profilo con un nome che sembrava un codice fiscale russo e come avatar una foto in primo piano di un culo femminile in perizoma. Un bel culo, ci tengo a precisarlo, ma per quanto la differenza tra la mia faccia e quel fondo schiena fosse minima, la cosa mi diede leggermente fastidio.
Alla fine, nonostante un servizio clienti più complicato della trama di “Mulholland Drive“, riuscii a farlo chiudere per poi ripartire con un nuovo profilo, ma furono dei giorni terribili. Quindi capisco la protagonista di questo film, Alice, interpretata da una convincente Madeline Brewer, una giovane fringuella iscritta con il nome “Lola”, ad un servizio di webcam di quelli che tu entri nella stanza della ragazza di turno e la guardi fare le cose offrendo in cambio dei gettoni comprati con soldi veri.
Cose ovviamente molto sobrie, tipo giocare con un vibratore dalla forma di orsetto. Avessi detto dalla forma di pene le cose cambiavano. E così la nostra infaticabile ragazza, vive la sua vita con un unico glande obbiettivo, ovvero entrare tra le prime 50 della classifica delle camgirls più amate, e per farlo cerca sempre d’inventarsi cose nuove tipo tagliarsi la gola in diretta indossando un giubbottino talmente corto che ad ogni movimento una tetta conquista la diretta.
Tra i suoi fan, uno paio in particolare si dimostrano molto generosi e cercano di aiutarla a raggiungere il suo scopo… uomini senza un secondo fine, perché certe persone entrano in quel tipo di stanze solo per fare del bene e soprattutto con una agilità tale che riescono a digitare con una mano sola perché con l’altra sono impegnati ad intagliare un cerbiatto in legno d’ebano nero.
Pur di raggiungere il tanto desiderato traguardo, la nostra Lola decide di fare uno spettacolo tecnologico, e non nel senso che decide di fare le espressioni con una calcolatrice scientifica, ma nel senso che si reca nel circolo delle camgirls per cavalcare uno strumento chiamato “Vibratron“, un aggeggio talmente epico che una ragazza racconta come possa far perdere la sensibilità alla papaia.
Vi giuro che quando ho sentito il nome mi è scappata una risata perché ho pensato a lui nel prossimo film dei “Transformers” a lottare contro Optimus Prime.
Tutto sembra andare per il meglio, fino a quando Lola non si ritrova online senza essere online. Nel senso che vede se stessa in diretta, tra l’altro più disinibita che mai, senza essere lei. Dopo aver provato ad accedere vanamente al suo account, contatta l’assistenza senza però riuscire a risolvere la faccenda – non lo avrei mai detto – e da quel momento cerca di ven… giungere a capo del mistero da sola, chiedendo aiuto ogni tanto ad una sua amica/collega. E il film sta tutto qui.
L’idea dietro questo lavoro non è neppure malvagia e devo dirvi che aldilà del suo essere un film abbastanza approssimativo, si lascia guardare, anche se il finale non ha convinto del tutto.
Il regista, grazie anche alla sceneggiatura di Isa Mazzei – che mi dicono essere stata lei stessa una camgirl – riesce tutto sommato a tenere vivo l’interesse nonostante i momenti che ricorderete di più non sono di certo quelli horror, perché non esistono, e neppure quelli thriller, perché quelli esistono ma sono davvero minimi, ma il prodotto finale riesce nel suo intento di trasmettere l’angoscia che si può provare davanti ad un furto d’identità, in un’epoca dove social e affini, sono sempre più una parte – forse troppo esagerata – delle nostra vita. Se vi avanza del tempo, potete anche concedergli una visione. E poi ci sono le tette.