Pochi giorni fa ho recuperato su Netflix questo “Most Likely to Die”, un film diretto da Anthony DiBlasi, autore tra gli altri dell’ottimo “The Last Shift” e di “Extremity”, il suo ultimo lavoro che attendo tantissimo dalla prima volta che vidi il trailer. L’impatto con quest’ultimo è stato più o meno lo stesso avuto con quello del live action di Aladdin, anche perché dopo che sono uscite fuori le prime foto di Will Smith nei panni del genio della lampada, non ho dubbi che potrebbe risultare a sorpresa uno degli horror più belli del decennio. Come ormai sapranno tutti coloro che mi seguono, io e Netflix non ci amiamo.
Il quantitativo di film di cacca di gnù presenti in catalogo è superiore al numero di foto in biancheria intima pubblicate da Belen su Instagram nell’ultimo anno; parliamo quindi di numeri importanti. Mi sembra doveroso specificare che nel caso della bella argentina, almeno la visione è un piacere, mentre passare il proprio tempo davanti a cose come “Kuntilanak”, “Malevolent”, “Il Terzo Occhio” e compagnia, equivale a compiere esperimenti casalinghi su quanto sia la dimensione massima raggiungibile dallo scroto stimolato in termini di rigonfiamento. E in alcuni casi io mi sono ritrovato a lievitare per casa come se fossi stato ancorato ad una mongolfiera.
Registi interessanti o meno dunque, questi maledetti di Netflop non avranno mai la mia fiducia. E anche questa volta diciamo che l’ho preso parzialmente in quel posto. E dico “parzialmente” perché DiBlasi a differenza di qualche regista Indonesiano che prima di girare un film vendeva totani arrosto al mercatino di Tanah Abang a Jakarta, conosce il mestiere, e quindi ci troviamo davanti ad un film che nonostante i tantissimi difetti, almeno si riesce a guardare fino alla fine. Detto che l’ho visto con mia sorella che commentava ogni scena come se i protagonisti potessero sentirla quindi mi era proprio impossibile prendere sonno. E stavo pure per farla fuori.
Al centro della storia abbiamo il solito gruppo di amici destinati a fare una brutta fine, in questo caso alcuni compagni di università che decidono di rivedersi una decina di anni dopo la scuola.
Come luogo per la reunion, viene scelta una villa sperduta in montagna di proprietà di uno di loro, un giocatore di baseball mezzo fallito. In questa villa, il cellulare non prende, questo perché quando nella nostra vita sono comparsi proprio i cellulari, i registi di film horror devono essere entrati nel panico.
“Oddio, e adesso come facciamo a giustificare che le persone in pericolo non chiamano aiuto? Prima bastava che il killer tagliasse i fili del telefono, adesso cosa si può tagliare? La scheda sim?”.
Poi qualcuno deve aver tirato fuori la soluzione geniale e definitiva che i cellulari nei film horror non prendono mai e lo spettatore muto. Per sicurezza, se qualcuno dovessi invitarmi ad un fine settimana in un bosco il cellulare resterebbe a casa e al suo posto mi porterei dietro un tostapane. Tenuto dalla parte del filo e maneggiato con stile, potrebbe risultare utile come arma. Senza contare la sua importanza con pancarré, prosciutto e sottilette.
A casa del padrone di casa che non è in casa, i nostri iniziano a chiacchierare della loro vita e saltano fuori discorsi più o meno inutili tipo che Brad, il bellone del gruppo, si è portato dietro una faiga per cui tutti i presenti si trasformano in lumache d’allevamento quando la vedono, ma in realtà lui prova ancora qualcosa per la sua ex Gaby, diventata nel frattempo un professionista del poker. E poi in casa del padrone di casa di non entrate in quella casa, è presente in salotto una specie di quadro gigante con le foto dei suoi compagni prese direttamente dall’annuario con tanto di dedica sotto ogni foto tipo “Destinato a….” per cui ad ognuno era stato predetto il futuro. Tipo:”Destinato a diventare uno sportivo”. Una cosa molto bella.
Considerando che durante il periodo scolastico capitano spesso cose poco simpatiche tipo venire lapidati tramite lancio del gessetto, qualcuno all’interno del gruppo sembrerebbe essersi portato dietro negli anni giusto un pelino di rancore e così piano piano Gaby e soci diventano le vittime di un killer in tenuta da laureato con tanto di cappello tagliente in testa tipo Kung Lao di Mortal Kombat.
Senza possibilità di fuggire per via di varie ed eventuali, e senza alcun tostapane con cui provare a difendersi, le vittime designate dovranno cercare di sopravvivere allo psicopatico di turno e scoprire la sua identità.
Insomma ci troviamo nel più classico degli slasher con la più classica mancanza di originalità, ragion per cui manca la tensione e il film non decolla mai. Le scene in cui compare il killer non sono memorabili anche se qualche momento si salva. L’unico “divertimento” per me è stato quello di provare a scoprire con mia sorella chi fosse il cattivone di turno. Ci sono riuscito quasi subito e lei mi ha accusato di aver visto prima il film, perché io sono del tutto scemo da rivedere una roba simile. Cara sorella, visto che so benissimo che leggi le mie recensioni, HO VINTO IO! Rassegnati.
Non mi sento di consigliarvi il film se siete in cerca di un prodotto di livello, ma se volete passare un’oretta e mezza senza troppi pensieri, potete pure guardarlo.
https://www.youtube.com/watch?v=hNtu-_jfwPw