Ci sono delle volte in cui, dopo aver visto un film, mi ritrovo a scrivere una recensione con in testa mille cose da dire. Ma ci sono anche delle volte in cui l’ultimo horror passato davanti ai miei occhi, in questo caso “Patient Zero”, è talmente vuoto che se salivo su uno shuttle, partivo per lo spazio, mi fermavo sopra una stazione satellitare un paio d’ore, osservavo la terra giusto per essere certo della sua forma e che l’Australia fosse al suo posto, e per finire mi lanciavo nel vuoto, a confronto con questo film il vuoto era pieno. Il pieno cosmico.
Non che mi aspettassi troppo da questa pellicola di stampo post-apocalittico con tanto di poveracci infettatati da un misterioso virus che tramite un morso trasforma le persone in zombie rabbiosi con gli occhi gialli.
Questa degli occhi gialli deve essere stata pensata in ore e ore di briefing aziendale. Della serie che in sala riunioni le cose saranno andate più o meno in questo modo:
Uomo uno:”Abbiamo questi tizi che si prendono un virus e diventano cattivi e puzzolenti, ma cerchiamo di fare qualcosa di originale e per cui il film possa essere ricordato. Qualche idea da proporre?”.
Uomo due – meno importante di uomo uno – ma utile alla causa:”Uhm…. uhm… Occhi gialli! Facciamo questi infetti con gli occhi gialli. Il pubblico apprezza sempre queste trovate”.
Uomo uno:”Grazie a questa idea geniale, si è appena guadagnato una promozione. Farò il suo nome per la redazione di Netflix come consulente per la scelta dei film horror da mettere in catalogo.”
Tutto torna.
A dirigere questo cappiolavoro abbiamo tale Stefan Ruzowitzky, uno di cui ho copia incollato il cognome perché altrimenti arrivavo alla vigilia di Natale ancora intento a fare avanti e indietro tra la pagina di imdb e il file word. Ma andiamo con ordine.
All’inizio di questa storia entusiasmante come la pubblicità della Brio Blu con Flavio Insinna, veniamo a sapere che il mondo è allo sfascio e i pochi sopravvissuti se ne stanno in una base segreta sotterranea insieme a pochi militari e una squadra medica con a capo la Dott.ssa Gina Rose, interpretata da Natalie Dormer, che gli appassionati di “Game of Thrones” ricorderanno nei panni di Margaery Tyrell. Tra i medici ci sta pure John Bradley, anche lui presente nella serie HBO nei panni di Samwell Tarly. Ad un certo punto ho sperato che ci fosse pure Kit Harington; non nei panni di un neurochirurgo, ma proprio in quelli di Jon Snow. Tanto per rendere le cose interessanti e dare un senso alla mia vita. Invece niente.
La missione di Gina e soci è trovare il “paziente zero” per riuscire a sintetizzare una cura e permettere alla razza umana di salvarsi. Tra i nostri eroi ci sta Morgan (Matt Smith), uno che è stato morso ma che invece di contrarre la malattia, ha sviluppato la capacità di capire gli infetti quando parlano.
Perché dovete sapere che quando aprono bocca per esprimersi, le cose vanno più o meno allo stesso modo in cui parlavo io il giorno che feci lo splendido al ristorante messicano. Mi brucia ancora il culo solo a pensarci. In ogni caso, anche per questa trovata in fase di scrittura, io avrei preso tutto il pubblico presente al concerto di Capodanno e lo avrei portato sul set solo per chiedere un applauso.
E così Morgan passa le sue giornate a prendere un disco in vinile con cui tortura gli infetti che odiano la musica, chiamarli con i nomi degli artisti scelti, tipo “Joe Cocker”, e ad interrogarli nella speranza di scoprire qualcosa su dove si nasconda questo Paziente Zero. Il Paziente senza zuccheri. Come la Coca Cola Zero. Le cose vanno avanti così per quasi tutta la durata del film, quindi immaginatevi che divertimento. Visto che è completamente ambientato sottoterra, c’erano tutti i presupposti affinché fosse quantomeno claustrofobico, divertente e ricco di azione, ma ci è andata male. Esclusa la parte finale, di sangue e frattaglie hanno fatto economia. Ma forse sono io che pretendo troppo. Ma anche no.
Quando compare l’infetto interpretato da Stanley Tucci poi, si cominciano a sentire anche tanti di quei discorsi filosofici di stocazzo che le mie balle si sono staccate, sono rotolate lontano da me e si sono appese da sole all’albero di Natale. Una roba tipo:”Gli assalti dei miei simili non sono tanto diversi dal vostro cibarvi di un pollo”. E gli spettatori muti.
Ma siccome al peggio non c’è mai fine, ci hanno infilato pure una specie di triangolo amoroso scritto non con il “cu” di “cuore”, ma con il “cu” di “culo”. Davvero una roba vergognosa incapace di far provare emozione neppure a me che ho la lacrima così facile che quando vidi “Million Dollar Baby” mi ritrovarono appena in tempo per lanciarmi un salvagente mentre la corrente mi stava trascinando via.
Per concludere, questo Patient Zero è davvero un film di cui non si sentiva il bisogno. Perché lo hanno girato? Qualcuno può rispondermi per cortesia? Pronto?