Ogni opera d’arte distrutta è una vita che ci sfugge, il volto di un’anima dimenticata per sempre. Nel caso dello scultore Stanislaw Szukalski, quell’oblio ci è costato veramente tanto.
Non mi era ancora capitato di trovare un documentario biografico su Netflix che raccontasse un autore del quale non avevo mai sentito parlare prima, e nemmeno con l’aiuto della grande G ci si può informare più di tanto su vita e opere di questo artista. La prima domanda, quindi, che sorge spontanea mentre si guarda questo documentario è: perché?
Sin da subito, si rimane stupiti dalla bellezza delle sue sculture ciclopiche e non di meno, dell’estrema naturalità con cui le forme prendono vita attraverso le sue mani. I suoi particolari concetti di arte, cultura e storia, condividono quella componente di genuina follia che appassionerebbe i bambini. Szukalski è un patriota della natura e in essa trova la sua unica ispirazione. L’uomo, non divenne mai compiuto, restò immaturo così come il suo ospite, il genio, lo volle. Puro e incontaminato dalle regole per poter far parlare la natura attraverso le sue opere. Stanislaw vedeva se stesso come un mediatore divino. Conservarsi puro, non inquinato dalle regole e le costrizioni convenzionali (e in questo credo si distingua da ogni movimento artistico del XX secolo) fu il pilastro della sua particolarissima missione: donare una voce allo spirito del mondo.
E allora: perché?, perché non conoscevamo la sua opera prima dell’interessamento di una figura hollywoodiana com’è quella di Leonardo DiCaprio?, produttore del documentario. Com’è possibile che un così grande talento sia rimasto nascosto per tutti questi anni?
Perché sappiamo tutto di altri suoi contemporanei come Picasso o Matisse e niente di lui?
Ogni artista, è vero, è un mondo a sé: stile, ispirazione, scuola e metodo possono essere molto diversi. Ma qui si parla di notorietà: cos’è che rende un autore noto al pubblico? Evidentemente non è sufficiente la bravura, altrimenti di Szukalski ne avremmo sentito parlare.
I diversi capitoli in cui si divide la biografia sono organizzati di forma che lo spettatore impari a conoscere l’autore nello stesso modo in cui accadde al gruppo di artisti di Los Angeles che lo ri-scoprirono. Dal contrasto fra i due mondi: quello infinitamente grande, possente e superbo di Szukalski e quella nicchia californiana fatta di fumetti e copertine osé, nasce un filmato che si trasforma in testimonianza unica di una vita e opere irripetibili. L’ultimo regalo di un bambino che amò l’Europa (e la Polonia) come a una madre e dalla quale non ricevette mai un gesto d’affetto. Puerile atteggiamento nei confronti dell’arte che fu senza dubbio la sua più grande capacità ma anche la grave causa del suo temprano abbandono.
Orbene, torniamo alla nostra domanda: perché non sapevamo niente di Szukalski? Che fine ha fatto la sua opera? Solo dopo aver compreso fino in fondo la sua storia, ne capiremo il motivo.
Il suo mistico delirio nazionalista nei confronti della Polonia cadde vittima di una circostanza politica ostile che finì col distruggere il suo lascito. Colpevole a metà, la politica non è mai stata compresa da Szukalski, ci provò ma nulla di buono venne fuori da questo rapporto.
Szukalski lo scultore, venne ucciso dal proprio ego mentre “Stash”il piccolo uomo polacco, impiegò i suoi ultimi anni nella stesura di quella stravagante teoria che è lo Zermatismo.