Una delle mie principali fobie è quella dell’ascensore. Credo che questa paura sia nata un giorno di tanti anni fa quando la notte ero solito guardare “Lo Zio Tibia”, e c’era un episodio dove un tale veniva diviso a metà in seguito a un incidente accaduto proprio all’interno di un ascensore. Da allora prendo sempre le scale. Pensate che al tempo avevo un mio amico che abitava al quinto piano. Per non rischiare la vita, e dimostrare a me stesso quanto fossi atletico, le salivo tutte di corsa. Adesso dopo appena due rampe di scale ho bisogno di Dr. House. Tutta questa premessa solo per dirvi che questo “The End? – L’Inferno Fuori”, è un film praticamente tutto ambientato all’interno di un ascensore. Cosa importante, si tratta di un film horror italiano diretto da Daniele Misischia e che vede come assoluto protagonista il buon Alessandro Roja, perfettamente nella parte di Claudio Verona, un dirigente cinico e figlio di pagnotta con l’unico pensiero di fare soldi. Tipo Leonetto di “Nanà Supergirl”, i più anziani capiranno.
La storia si svolge a Roma, anche se della città capitolina vedremo molto poco. Claudio deve arrivare velocemente in ufficio dove ad attenderlo c’è una importante riunione d’affari, così prende un taxi con alla guida un giovane autista neo laureato in economia che prova a chiedergli dei consigli su come muoversi nell’ambiente. Il povero ragazzo avrebbe ottenuto più risultati rivolgendo le stesse domande a un mattone del Colosseo. Come ho anticipato sopra, il caro Sig.Verona si presenta fin dai primi minuti come uno a cui importa solo di se stesso, se ci fosse stato lui sul Titanic al posto di Jack, la cara Rose avrebbe fatto la fine di un sofficino findus surgelato.
Arrivato sul posto di lavoro, vede arrivare davanti a se, una giovane tirocinante con la lingua lunga mezzo chilometro che lo accoglie con tanto di caffè; lui apprezzando il gesto, le promette un futuro nel suo staff. Sotto inteso come un futuro nelle sue mutande. Considerato che quando uno deve fare il viscido, lo deve fare bene, un attimo dopo si ritrova all’interno di un ascensore insieme a Marta, una sua avvenente collega. Si capisce subito che i due hanno avuto un’avventura extra coniugale tanto che la moglie di Claudio, provvista di corna lunghe almeno due metri, di sicuro nell’ascensore non ci sarebbe entrata. Marta lo respinge e lo colpisce nei paesi bassi, lasciandolo all’interno dell’ascensore con il mulino a vento tra le mani, prendendosi un applauso da parte del pubblico da casa. Fortunatamente per Claudio, alcuni secondi dopo l’ascensore si blocca improvvisamente tra due piani, ed ecco perché io salgo sempre a piedi. In questo modo, non posso bloccarmi tra due piani, ma al massimo fermarmi un attimo per respirare tutta l’aria del palazzo e ritrovare le forze per salire altri quattro scalini, ma di finire bloccato come un pezzo di sgombro dentro una scatola di metallo, mai nella vita.
Il nostro eroe si mette in contatto con la portineria, dove viene informato che una squadra di tecnici sarebbe intervenuta entro pochi minuti, ma qualcosa va storto e Claudio inizia a perdere la pazienza e a pensare di essere preso per il culo. Una cosa che si sarebbe assolutamente meritato. Così prova a forzare le porte da solo, ma non riesce ad aprirle al punto da poter uscire ma tanto da capire che sta succedendo qualcosa di strano. Tipo che alcuni dei suoi colleghi sembrano posseduti da un virus che trasforma le persone in una sorta di zombie assetati di sangue. Alcuni cercano di attaccare Claudio, la cui fortuna risulta proprio essere quella di trovarsi protetto all’interno dell’ascensore da cui non può uscire, ma neppure entrare.
Spaventato e prossimo a farsela nelle mutande, Claudio si mette in contatto con la moglie e scopre attraverso le poche notizie raccolte su internet tramite il telefono, che per le strade di Roma si sta intanto diffondendo il panico che manco prima di un Roma-Lazio. Quello che inizialmente sembrava un attacco terroristico, si rivela come una possibile epidemia causata da un virus. Quest’ultimo agisce sulle persone trasformandole in esseri violenti pronti ad attaccare il prossimo. Una tranquilla giornata di lavoro.
Non è la prima volta che assistiamo a un film horror ambientato dentro un ascensore, pochi anni fa era uscito anche “Devil” di John Erick Dowdle, ma rappresenta una novità vedere degli “zombie” infilati in una pellicola di questo tipo. Più passavano i minuti, più mi domandavo come avrebbe fatto Misischia a riempire 1h40′ di film senza annoiare e devo dire che alla fine riesce a portare a casa il risultato nonostante il budget ridotto e un’idea non troppo semplice da realizzare.
La storia alla fine ruota tutta intorno al personaggio di Claudio, un uomo con tutti i suoi difetti e le sue debolezze per cui lo spettatore inizialmente sarà portato a sperare che possa schiattare dentro l’ascensore magari soffocato dalle sue puzzette, ma con lo scorrere del tempo, si farà il tifo per lui e la sua speranza di riuscire a salvarsi le chiappe, tornare a casa e trovare la moglie ancora intera. Corna comprese.
Non mancano alcuni buoni momenti splatter, anche se a mio avviso si poteva fare di più e sfruttare meglio alcune situazioni, ma tutto sommato da questo punto di vista non mi posso lamentare. Di sicuro mi sento di promuovere questo film, non perfetto ma coraggioso, in un panorama come quello del cinema italiano che di horror ultimamente è assai povero. In una scena tra l’altro è presente un chiaro omaggio a “Profondo Rosso” di Dario Argento, una idea simpatica.
In conclusione, mi sento di consigliarvi una visione di questo film, credo che un certo tipo di proposte vadano sempre appoggiate da parte di noi fan di questo genere.