Ieri notte ho finito di vedere questa serie esclusiva Neflix diretta da Mike Flanagan, autore tra gli altri del buon “Ouija: l’origine del male“, film a tema tavoletta Ouija, uno dei pochi decenti sull’argomento visti di recente, dove la storia dietro la tavoletta era più interessante di quella dietro la tavoletta del cesso di casa mia. E non è poco, ve lo assicuro.
Netflix è famoso per la mole di film horror girati con dieci euro ed attori presi su ebay, però visto il nome dietro questo lavoro e i primi, entusiastici pareri che iniziavano a circolare in rete, mi sono approcciato a questa serie con lo stesso entusiasmo che avevo da bambino quando mi allenavo per diventare un maestro di Hokuto cercando di far esplodere i pomodori toccando i loro punti di pressione. Alla fine sono diventato soltanto un maestro della Sacra Scuola del Sugo, ma questa è un’altra storia.
Ma di cosa parla questo “The Haunting of Hill House“? Parla di una famiglia e di una casa di quelle che sarebbe meglio evitare per le vostre gite di piacere, a meno che non soffriate di stitichezza. In quel caso, sarebbe una meta consigliatissima, a patto di portarsi dietro anche una scorta numerosa di mutande pulite. Come avrete capito, abbiamo a che fare con la più classica delle case stregate; anzi, diciamo più una villa, viste le dimensioni.
Hugh Crain, interpretato da Henry Thomas, e sua moglie Olivia, una sempre splendida Carla Gugino, comprano questa villa per ristrutturarla e venderla, e così si trasferiscono nella stessa con i loro cinque figli. Steve, il più grande, seguito da Shirley, Theodora e i due gemelli Luke e Nell. E nella villa iniziano a succedere le cose brutte, di quelle che io avrei salutato tutti in mezzo minuto e arrivederci alla prossima compravendita.
Quanto accaduto alla famiglia Crain, ci viene narrato attraverso numerosi flashback. Nella serie, vedremo infatti i protagonisti anni dopo nella loro vita da adulti, ognuno intento a sconfiggere i propri fantasmi nel tentativo di dimenticare – senza successo – quanto vissuto in giovane età. Come se fosse possibile dimenticare cose tipo uno spilungone putrefatto che fluttua per casa con un bastone da passeggio in mano. E chi non vede cose simili tutti i giorni? Io dopo un paio di limoncelli al quadrato, vedo pure John Lennon in pigiama suonare il pianoforte in salotto.
Steve, divenuto uno scrittore di successo grazie ad un libro horror tratto proprio dalla storia della sua famiglia, è il più scettico e cinico tra tutti, convinto fino in fondo che dietro certe affermazioni della madre o dei fratelli, ci sia un problema di salute mentale. Il tutto nonostante lui stesso sia spesso vittima di strane visioni. Sheryl, una maniaca del controllo, gestisce un’attività di pompe funebri con il marito. Personalmente, se avessi vissuto la sua stessa infanzia, avrei scelto come lavoro quello di coccolare i panda da piccoli, giusto per equilibrare le cose, ma chi sono io per giudicare? Magari a lei non piacevano i panda. Theodora, che vive nella depandance di Sheryl, è una tipa scontrosa e molto chiusa in se stessa. Inoltre, indossa sovente dei guanti; non per essere sempre pronta a togliere la parmigiana dal forno, ma perché al contatto con altre persone, riesce a vedere le cose. E ovviamente non parlo di unicorni colorati e Mila & Shiro due cuori nella pallavolo. Abbiamo infine i due gemelli Luke e Nell. Il primo, che in tenera età aveva un’amica immaginaria (?) di nome Abigail, passa al lato oscuro della droga e si ritrova a fare entra ed esci da un centro di recupero per tossicodipendenti, mentre la seconda, perseguitata fin da quando era piccola e pucciosa dalla visione di una donna con il collo spezzato, in seguito ad una tragedia che la colpirà, si ritroverà a tornare nella villa. Non per vedere se c’era posta arretrata. La scelta di Nell, porterà i nostri eroi ad avere a che fare ancora una volta, con l’amorevole e accogliente Hill House e una misteriosa porta rossa legata ad una stanza con un segreto in cui nessuno era mai riuscito ad entrare. Sigla. Ma sigla di cosa?
Devo dire che finita la visione di questa serie, mi sono sentito abbastanza soddisfatto ma non convinto del tutto. Come quando vidi per la prima volta le tette di Scarlett Johansson. Parliamo di un lavoro indubbiamente ben scritto e diretto con stile, in cui gli attori mi sono sembrati tutti perfetti e dove la confezione in generale, tiene il tutto su livelli abbastanza alti. Il problema è che si tratta di una serie drama/horror, e di quest’ultimo, abbiamo davvero poco. Poco perché molte puntate risultano leggermente lente, si parla tantissimo e quando l’horror entra in scena, lo fa con i soliti cliché visti e stravisti in centinaia di opere simili. Probabilmente c’era il 3×2 sui jump-scare e il buon Mike si è fatto prendere la mano, quindi non mancano apparizioni improvvise, fantasmi che urlano, capelli lungo la faccia, occhi che diventano neri, gente che striscia sul pavimento e Maurizio Costanzo. No aspè… quest’ultimo non c’è, abbiamo una tipa con il collo spezzato, non un tipo senza collo. Stavo facendo confusione.
In sostanza, mi sento di consigliarvela se siete in cerca di una buona serie in generale, ma se siete alla ricerca di qualcosa che vi faccia paura sul serio, cercate altro. Non su Netflix possibilmente, che magari finite su “Kuntilanak” come ho fatto io e quel punto meglio un fine settimana a Hill House.
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