Il caso del furto dei dati attraverso quei test psicologici, spesso un po’ stupidini, e in questo caso effettuati dalla società Cambridge Analytica evidenzia che il vero problema di tutta questa storia siamo noi. Sono perfettamente d’accordo con Riccardo Meggiato nell’ articolo pubblicato su RollingStone.
Siamo noi che decidiamo se dare o meno l’accesso ai nostri dati personali a Facebook, alle aziende che ci investono e anche a piccoli sviluppatori che realizzano semplici giochetti virali.
Di fronte al Congresso, Mark Zuckerberg ha risposto a tutte le domande dei senatori, quasi sempre scusandosi e ammettendo i propri errori. Si, sono risposte il cui unico scopo è quello di far risalire un po’ il valore delle azioni in borsa, ma siamo sicuri che la colpa sia tutta sua?
E se ci sono stati degli errori da parte di Facebook, qual è il problema? La risposta di Zuckerberg che più volte è ritornata durante le ore di interrogatorio è quella che avremmo dato tutti.
Penso che sia praticamente impossibile avviare un’azienda nella stanza del tuo dormitorio e poi portarla a crescere fino al punto in cui siamo ora senza commettere qualche errore
Ricordatevi che grazie a Facebook abbiamo ritrovato amici di cui avevamo perso le tracce, scoperto di avere parenti in Sud America, abbiamo la possibilità di comunicare con loro come se le distanze non esistessero, possiamo stalkerare gli ex e tutto questo senza spendere un euro ma ripagando “il servizio” offrendo i nostri dati personali.
Inoltre, quando decidiamo di partecipare a uno di quei test che diventano virali in pochissime ore, una delle prime cose che ci viene richiesta è l’autorizzazione da parte dell’applicazione ad accedere ai nostri dati personali. Chiaro, lo fa tramite Facebook ma l’azione del clic su “Autorizza” la compiamo noi. Quindi la maggior parte della colpa è nostra.
Poi, il fatto che Facebook venda i nostri dati in cambio di denaro e che le aziende acquistino informazioni per manipolarci è un altro paio di maniche.
Se per tutta questa storia ci si sente indignati, l’unica strada da percorrere è quella di cancellarsi da facebook invece di contribuire alla diffusione di fake news o partecipare a test divertenti ma stupidi.
Per quanto mi riguarda, fossi in Mark Zuckerberg spegnerei Facebook e mi riterei sul quarto di isola di Kauai delle Hawaii acquistata qualche anno fa per qualche milioncino di dollari.
Hasta luego!
P.s.: Volete sapere se i vostri dati sono stati usati da Cambridge Analytica? Cliccate qui!