Un recente rapporto di Amnesty International afferma che la costante sorveglianza di Google e Facebook su miliardi di persone è una minaccia concreta non solo alla privacy, ma anche ai diritti umani e alla libera espressione.
Stando a quanto detto dalla famosa ONG, le due aziende dovrebbero cambiare il loro modello di business, smettendo di fare affidamento sui dati delle persone.
Google controlla attualmente il 90% dell’utilizzo dei motori di ricerca mentre un essere umano su tre utilizza Facebook o uno dei servizi ad esso collegati. Non essendovi una concorrenza degna di tale nome e, in un contesto del genere, nelle mani delle due multinazionali si concentra un grande potere non solo economico ma anche per quanto riguarda l’informazione.
Google e Facebook: due colossi economici che possono controllare la nostra vita
Facebook è attualmente oggetto di indagine per presunta violazione della privacy degli utenti e i dati del social network sono stati utilizzati per manipolare delle elezioni. Google sta facendo i conti con alcune domande piuttosto imbarazzanti sulle sue politiche di raccolta dei dati.
Le suddette piattaforme inoltre, avrebbero altri effetti collaterali piuttosto inquietanti. Stando a quanto affermato da Kumi Naidoo, segretario generale di Amnesty International “Ora siamo intrappolati. La rete, sta diventando un luogo dove i nostri dati possono essere facilmente armati per manipolarci e influenzarci“.
Secondo Amnesty, parte del problema è che le aziende tecnologiche sono diventate troppo grandi e che possono avere accesso a un numero pressoché infinito di dati dai tanti iscritti. Anche se Mark Zuckerberg ha promosso l’idea che Facebook si sta muovendo verso una maggiore privacy e sicurezza dei dati, la strada sembra ancora lunga. Tanto più che sul mercato sta arrivando con grande impeto TikTok, app cinese dedicata ai più giovani e dunque potenzialmente ancora più delicata rispetto a social network come Facebook.
La risposta di Facebook
D’altro canto, Facebook ha risposto ad Amnesty International. Un portavoce infatti ha affermato “Il nostro modello di business è il modo in cui gruppi come Amnesty International – che attualmente pubblicano annunci su Facebook – raggiungono i sostenitori, raccogliendo fondi importanti per i loro obiettivi“.
Al di là di ciò, i comportamenti di Facebook hanno recentemente fatto storcere il naso a molti utenti. Ban ingiustificati di profili, fan page e gruppi ma anche semplice riduzione della visibilità hanno fatto innervosire molti utenti, che hanno percepito come il re dei social network cerchi di manipolare l’informazione e la libertà di espressione al suo interno. Negli ultimi mesi infatti, sono sempre più le persone che stanno cercando alternative, anche se di nicchia.
Fonte: TheVerge